Trust The Process

Filippo Ieraci, «Trust The Process», Artesuono 2024, 1 CD.

C’è un mondo vario e raffinato alla base dei dieci brani raccolti in questo lavoro discografico di Filippo Ieraci, chitarrista e compositore accompagnato in questo frangente da Simone Serafini al basso e da Jacopo Zanette alla batteria.

Un trio capace di declinare con fluida affinità un gusto musicale costruito su dialoghi morbidi, nutrito di rimandi a una tradizione jazzistica che dialoga con frangenti rock tra i più ricercati e che vede nella chitarra ora uno strumento principalmente armonico ora una fonte melodica di segno significativamente ampio e articolato. Caratteristiche che le composizioni del musicista di Udine declinano in maniera diversificata, lasciando spazio a una scrittura personale accurata e, al tempo stesso, dalla presa immediata.

Elementi che mergono fin dal passo solido e vellutato al tempo stesso che segna l’iniziale “Shrine of Resurrection”, brano che presenta fin dalle prime note la capacità dialogica espressa dai tre musicisti, qui impegnati a rincorrersi con rapida fluidità attraverso un intarsio armonico e strumentale accattivante. Un’atmosfera che nella successiva “Day Three” declina l’andamento musicale lungo un sentiero che ci accompagna all’interno di un discorso più ampio e dilatato, introdotto dal segno percussivo di Jacopo Zanette che avvia la composizione.

Via via che si procede nell’ascolto dei diversi brani vediamo come completarsi gradualmente l’intenzione espressiva che ha guidato Filippo Ieraci nella concezione di un lavoro da quale emergono ora rimandi più “progressive” ora profumi vagamente acid jazz, il tutto miscelato con una buona dose di personalità. Una caratteristica che segna anche il passo della conclusiva “Lowrider”, portando a compimento una sorta di presa di coscienza progressiva maturata nel corso della gestazione del disco.

Come ha avuto modo di sostenere lo stesso Ieraci, infatti, «il titolo nasce dal fatto che più volte durante il processo di scrittura mi facevo un sacco di domande. […] mi sono poi detto “trust the process”, di fidarmi cioè di quello che sentivo nel mio corpo e nella mia testa, senza pensarci troppo, presentando i brani che onestamente sentivo miei e che mi sembrava funzionassero meglio. Così è stato. Un monito a me stesso e spero anche per gli altri: fidarsi di sé stessi, ognuno ha la sua strada».