Il magma sonoro e originale di Negro
Roberto Negro, «Kings and Bastards», CamJazz 2018, 1 CD.
Se vi apprestate ad ascoltare questo disco preparatevi a un viaggio musicale dal tratto deciso, la cui originalità non risiede tanto nel carattere “materico” con il quale Roberto Negro plasma il suono scaturito dal suo pianoforte, ma nel respiro compositivo che connota i tredici brani raccolti in questo lavoro.
Nato trentasette anni fa a Torino, questo pianista e compositore è cresciuto a Kinshasa per spostarsi, adolescente, prima a Ginevra e poi a Grenoble, per approdare infine a Parigi, sua città d’elezione. Un percorso che ha permesso a Negro di maturare una personalità che appare ben tratteggiata da questa prima prova discografica da solista, un’esperienza creativa che gli ha permesso di percorrere in lungo e in largo il variegato orizzonte di stili e generi che ispira la sua vena compositiva.
L’impressione che ci rimane dopo aver attraversato, brano dopo brano, il percorso di ascolto di questo lavoro è il gusto solido e concreto di un musicista che ha saputo miscelare il pianoforte preparato di John Cage all’espressionismo pianistico di inizio Novecento, certa retorica art-rock, distribuita qua e là con latente ironia, a ritmiche reiterate tra accennato minimalismo e punk edulcorato.
Su questo magma sonoro cangiante, impastato di elettronica e scarti ritmici, ora più addensato ora maggiormente disteso, di tanto in tanto affiora l’ombra di un pianismo alla Bill Evans che ingentilisce il tutto. Tra i brani più riusciti citiamo “François il Riformista”, “Boboto”, la curiosa “Quin il Leghista” e le giocose “Il Gattopardo” e “Scaramouche”, questi ultimi pastiche stilistici il cui leggero sarcasmo viene rafforzato anche dalle note del libretto che accompagna il disco, grazie alle quali veniamo rassicurati del fatto che «nessun pianoforte è stato ferito durante la registrazione». (© Gazzetta di Parma)