Mundus Inversus

Federico Calcagno Octet, «Mundus Inversus», Habitable Records 2024, 1 CD.

È un disco denso questo nuovo lavoro di Federico Calcagno, plasmato su un impianto concettuale dichiarato fin dal titolo, quel “mondo alla rovescia” che rappresenta un tòpos radicato nell’immaginario collettivo e presente a vari livelli tra letteratura e arte, caratterizzando forme narrative e iconografiche giunte fino a noi attraversando i secoli, se non i millenni.

Se in ambito musicale il fascino di questo “mundus inversus” può legare idealmente universi distantissimi come, per esempio, la fine del Settecento di Antonio Salieri e l’edizione di un paio di anni fa dello Zecchino d’Oro del Coro dell’Antoniano, Calcagno si ispira principalmente, ma non solo, all’arte fiamminga di Hieronymus Bosch e alla carta dei tarocchi raffigurante “l’Appeso”.

Segni diretti e tangibili di questi riferimenti sono delineati dal brano “Hieronymus” – seconda traccia che pare stemperare e rapprendere quella sorta di sparpagliato e via via sempre più intenso addensamento timbrico che segna il primo brano “Liquid War” – e da quella sorta di suite a tema rappresentata dai tre brani denominati “The Hanged Man”: “Paralysis”, “Ego Sacrifice” e “A New Trail”.

Un percorso, quest’ultimo, che propone un personale tragitto di rinnovamento, una sorta di rinascita a nuova vita distante – anzi, opposta – a quella precedente.

Un intreccio di rimandi e simbologie che prendono corpo dinamico e variegato grazie all’impasto strumentale di un ottetto che il clarinettista e compositore milanese ha voluto ampiamente internazionale, formato – oltre che dalle sue ance – da musicisti in parte provenienti dal suo precedente quintetto Liquid Identities e originari di diversi Paesi: Nabou Claerhout al trombone dal Belgio, José Soares al sax alto dal Portogallo, il vibrafonista Aleksander Sever dalla Slovenia, Pau Sola al violoncello e Adrian Moncada al piano dalla Spagna, mentre dal Brasile viene il contrabbassista Pedro Ivo Ferreira e dalla Grecia il batterista Nikos Thessalonikefs.

Con l’unica eccezione di “The Other Side of Silence”, composizione firmata dal pianista Moncada, tutti i brani sono di Calcagno e restituiscono un gusto stilistico che unisce un deciso tratto jazzistico improvvisativo con una scrittura fatta di frammenti e di scarti dinamici decisi, asciutti ed equilibrati al tempo stesso.

Un carattere che trova nella conclusiva “Recovery” il degno suggello di un lavoro davvero interessate. (© Gazzetta di Parma)