L’altro Festival Verdi
Dal Requiem a Lella Costa, dal Paradiso del Lenz a Raphael Gualazzi: gli eventi collaterali del Festival Verdi
Dopo aver restituito una lettura delle principali opere del cartellone 2017, parliamo ora di alcuni eventi che abbiamo seguito tra quelli proposti dal fitto programma collaterale del Festival Verdi di Parma che – tra concerti e altri “contenitori” quali AroundVerdi o VerdiOFF – si è sviluppato nel corso del mese di ottobre.
Partiamo dalla Messa da Requiem, pagina inserita nel cartellone principale e considerata da alcuni la ventisettesima opera (o ventinovesima, se si valutano Jerusalem e Aroldo come titoli autonomi) del Cigno di Busseto, che in questa occasione ha visto impegnati il soprano Anna Pirozzi, il mezzosoprano Veronica Simeoni, il tenore Antonio Poli e il basso Riccardo Zanellato, diretti da Daniele Callegari sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato da Martino Faggiani. Un’esecuzione, quella proposta alla “prima” del 7 ottobre, che ha evidenziato un apprezzabile gusto per le sottigliezze della partitura espresso dal direttore, specie nel “Requiem æternam” iniziale, dove l’orchestra ha risposto con attenzione al delicato emergere della materia sonora, assecondata da un coro sempre omogeneo. Coro che ha avuto il suo classico momento di affermazione in occasione del “Diesiræ”, restituito grazie a un fronte sonoro compatto ed efficace. Un segno interpretativo che Callegari ha gestito con equilibrio per tutta l’esecuzione, assecondando la corretta prova dei solisti – tra i quali va citata la solidità di Zanellato – rinunciando forse a qualche intuizione dinamica di maggiore coinvolgimento, come in un “Lacrymosa” comunque, per sua natura, sempre toccante.
La settimana successiva la doppia figura di Violetta Valéry/MargueriteGautier è stata rievocata tra colonne lignee del Teatro Farnese da Lella Costa grazie a Traviata. L’intelligenza del cuore, spettacolo commissionato dal Festival, con la regia di Gabriele Vacis, scene e luci di Roberto Tarasco e costumi di Antonio Marras. Sul palcoscenico ha preso forma un monologo che ha visto il suo debutto nel 2002 e che in questa nuova produzione ha sostituito immagini proiettate e musiche registrate con la presenza del pianista Davide Carmarino che ha accompagnato in una selezione di arie e duetti tratti dall’opera verdiana il soprano Adriana Iozzia e il tenore Lee Chung-Man. Al di là della sfaccettata riflessione sui caratteri di una donna che ne incarna tante – dalla protagonista del romanzo di Dumas e del libretto di Piave a Maria Callas e Marilyn Monroe –, tutte vittime dei sentimenti, dell’insensibilità altrui e dell’intelligenza, appunto, del proprio cuore, sempre ben tratteggiata dall’elegante ironia della Costa, la miscela delle citazioni musicali che andavano dall’opera di Vedi alla “Cura” di Battiato, fino a rimandi a Marianne Faithfull e RollingStones, è parsa in questa formula “live” un poco legnosa nell’alternarsi agli interventi recitati, fungendo più da intermezzo decorativo che non da commento drammaturgicamente organico.
A evidenziare la varietà delle proposte offerte da questo Festival Verdi, il giorno successivo, 12 ottobre, ci siamo immersi in un’atmosfera drammaturgica completamente differente, seguendo Paradiso. Un Pezzo Sacro, nuova installazione sonora e visuale creata da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto su commissione del Festival a partire dai Quattro Pezzi Sacri di Giuseppe Verdi. Seconda parte di un articolato progetto dedicato alla Divina Commedia di Dante Alighieri, l’installazione site-specific ha visto coinvolti venti performer dell’ensemble di Lenz Fondazione e trenta coriste dell’Associazione Cori Parmensi dirette con partecipata efficacia da Gabriella Corsaro, impegnati a dare forma plastica a una visionaria riflessione drammatica che miscelava, in un percorso di dodici sequenze, odi verdiane alla Vergine Maria e suggestioni dantesche confluite, tra l’altro, nelle figure dello stesso Dante e di San Bernardo, unici elementi maschili dello spettacolo. Un tragitto ascendente che ci ha portati ad attraversare una distesa di forme umane disseminate sul pavimento, avvolte da una sorta di sacco-sarcofago (ma anche molle involucro-bozzolo), per poi assistere ad una processione di figure femminili che ci hanno accompagnato fino al monologo finale di Dante che termina con le parole «e la luce sono adesso Io». Un’ascesa verso la “luce”, appunto, che è diventato spostamento fisico grazie al passaggio da un piano all’altro del Ponte Nord, opera inaugurata nel 2012 ma rimasta inutilizzata per insormontabili impedimenti legislativi. Un recente ed emblematico non-luogo di Parma trasformato in questa occasione in una sorta di “ventre postmoderno” che, con le sue strutture di metallo grigio-bianco e vetro, ha fatto da sfondo quasi asettico a questa narrazione simbolico-espressiva, che ha immerso gli spettatori in una atmosfera gravida di voci, luci, gesti, acqua e suoni elaborati – drammaturgia musicale a cura di Andrea Azzali – che ha perlustrato con coinvolgente espressività l’universo femminino in una sorta di catarsi profondamente umana… continua a leggere… (© Il giornale della musica)