La scuola del nord, da Oslo verso il futuro
Luca Vitali, Il suono del nord, Auditorium – Haze, 2018, 328 pp.
Questa nuova edizione del volume che, qualche anno fa, aveva apportato un interessante contributo alla divulgazione del panorama jazz norvegese, ci permette di aggiornare una ricognizione meno circoscritta di quanto si possa pensare. Luca Vitali, infatti, mette in queste pagine tutta la sua passione per una tradizione musicale che si è sviluppata negli ultimi cinquant’anni circa, germogliata dall’innesto del linguaggio jazzistico di matrice afroamericana su un terreno fatto di radicata tradizione folk da un lato e di ricettivo isolamento dall’altro. Quest’ultimo apparente ossimoro ci racconta in verità il carattere di un paese come la Norvegia che vanta, usando le parole di Fiona Talkington (BBC Radio3 UK) tratte dal suo testo introduttivo al presente volume, «qualcosa come cinque generazioni di musicisti che lavorano con intensità, passione, creatività». Vitali ricostruisce con accurata dedizione le origini di una “scuola nordica” che muove i primi passi grazie all’arrivo di George Russel in Scandinavia nel 1964, personalità che, assieme ad altre quali Don Cherry o Quincy Jones, feconda con un pensiero nuovo una tradizione musicale che, da uno storico isolamento, genera personalità come Jan Garbarek, giusto per citare un nome conosciuto ai più, ma anche Arve Henriksen, 1982 Trio, Karl Seglem, Ola Kvernberg, Arild Andersen. Una crescita cultural-musicale che si sviluppa grazie a significativi investimenti sui circuiti della formazione – tra conservatori e scuole di musica – che potrebbero essere presi ad esempio da parte di paesi di latitudini più miti ma meno culturalmente sensibili come il nostro (lo so, lo so, è vero, la Norvegia ha il petrolio, ma poi cos’altro? Evitiamo banali giustificazioni, please). Valore aggiunto di questa nuova edizione aggiornata è inoltre il capitolo “Verso il futuro”, che spinge lo sguardo sulla scena norvegese contemporanea e sull’influenza da essa esercitata in Europa fino ai giorni nostri, dato documentato anche dalla ricca selezione di foto e immagini che testimoniano eventi anche molto vicini, come la presenza all’Angelica Festival di Bologna, tra gli altri, di Christian Wallumrød nel 2013 o di Anja Lauvdal nell’edizione di qualche mese fa, o momenti vissuti nella nostra città come la partecipazione del quintetto di Mathias Eick al festival ParmaJazz Frontiere nel 2010, o ancora la presenza di Per Jørgensen e Audum Kleive alla Casa della musica per lo stesso festival nel 2014. (© Gazzetta di Parma)