Double Exposure
Ettore Ulivelli, «Double Exposure», Haze-Auditorium edizioni, pp. 160.
Tecnica fotografica diffusa col tempo su diversi fronti, la “doppia esposizione” consiste nella sovrapposizione sul medesimo fotogramma di due immagini scattate da posizioni diverse e con esposizioni differenti, ottenendo in questo modo un’altra immagine nuova e originale.
Ma “Double Exposure” è anche un album discografico pubblicato nel 1975 dall’etichetta Prestige Records che vedeva protagonista il trombettista hard bop e soul jazz Nat Adderley, fratello del più celebre sassofonista Julian “Cannonball” Adderley. Infine, “Double Exposure” è anche il titolo di questo libro di Ettore Ulivelli, fotografo di jazz, musicista e per lungo tempo dirigente della CBS in Italia.
In queste pagine l’autore racconta una profonda passione, capace di unire jazz e fotografia passando dalle «stupende batterie nelle vetrine londinesi di metà anni ’50» al rientro in Italia e alla partecipazione come batterista nel quartetto di Giorgio Gaslini per il film “La Notte” (1961) di Michelangelo Antonioni, e così via.
Scatto dopo scatto, annotazione dopo annotazione, Ulivelli testimonia l’assidua presenza ai concerti, che gli consente di creare, nei decenni, un imponente archivio dedicato ad alcuni dei più rilevanti jazzisti della storia, tra i quali Duke Ellington, Thelonious Monk, Bud Powell, Dizzy Gillespie, Miles Davis, John Coltrane, Bill Evans, Stan Getz, Dave Brubeck, Coleman Hawkins, Max Roach, Art Blakey, Elvin Jones, Tony Williams e molti altri.
Un libro denso, che offre un percorso per immagini prezioso e coinvolgente, ben descritto da Luca Bragalini a pagina 21 del testo a sua firma che completa questo lavoro: «Sono scatti che rifuggono i luoghi comuni. Cannonball Adderley o Coleman Hawkins hanno sì la sigaretta ma il vecchio refrain delle atmosfere fumiganti non attacca: nel primo caso il sassofonista ripreso dal basso con occhiali neri-cappello-cicca in bocca è il buffo personaggio di una “spy story” mentre il magnifico ritratto dell’anziano Maestro (colto a pochi mesi della dipartita) non ha nella sigaretta il punto di fuga emotivo ma nella postura arresa del leone morente.
È tuttavia nel capitolo di chiusura che troviamo la singolarità: una ventina di doppie esposizioni che ci mostrano i protagonisti del jazz come non li avevamo mai visti». (© Gazzetta di Parma)