Amelia

Martha J. & Chebat Quartet, «Amelia», Cressidra Records 2024, 1 CD.

Con i suoi ottant’anni suonati – e cantati, soprattutto – Joni Mitchell (nata il 7 novembre 1943) rappresenta una delle cantautrici più conosciute, rilevanti e raffinate del panorama della popular music.

Un contesto stilistico e culturale coltivato in particolare sul crinale tra rock d’autore e folk, ma che l’artista canadese ha spesso e volentieri valicato avviando collaborazioni con musicisti di estrazione jazz quali Charles Mingus, Jaco Pastorius, Pat Metheny, Herbie Hancock, Peter Erskine e Wayne Shorter.

Proprio sulla scia di questa variegata vena creativa si colloca l’omaggio alla Mitchell rappresentato da questo album, recente lavoro che vede impegnato un quartetto palesemente affiatato, guidato da Martha J. alla voce e da Francesco Chebat al pianoforte e Fender Rhodes, completato dalla fantasiosa solidità strumentale espressa da Giulio Corini al contrabbasso e da Maxx Furian alla batteria.

Un impianto strumentale solido e al tempo stesso fluido, come emerge dalle differenti atmosfere tratteggiate con piglio comunicativo spigliato e immediato negli undici brani raccolti in questo album.

Una sequenza di composizioni che vanno dall’iniziale “Moon at the window” alla seguente “Barangrill”, fino alla conclusiva “The same situation”, esempi di una selezione di creazioni tutte firmate dalla stessa Joni Mitchell a eccezione di “A Chair in the Sky” e “Sweet Sucker Dance”, nelle quali troviamo testo della Mitchell e musica di Mingus.

Tra le differenti riletture emerge “Black crow”, brano apparso in origine dell’album “Hejira” del 1976, dove oltre al segno armonico-accordale del pianoforte di Chebat che pare evocare il classico “Intermission riff” di Stan Kenton, si ritaglia un significativo guizzo solistico la batteria di Furian.

Oltre al brano eponimo, tratto anch’esso dal nono album della Mitchell, la voce dal segno delicato di Martha J. riesce ad evocare le atmosfere più convincenti in composizioni come “The dawntreader”, tratta da “Song to a Seagull” primo LP della cantautrice pubblicato nel 1968, o ancora in “Cold blue steel and sweet fire”, estratto da “For the Roses”, quinto album della discografia mitchelliana uscito nel 1972.

Una selezione di brani scelti con l’obiettivo, per usare le parole degli stessi artisti impegnati, «di reinterpretare quelli meno frequentemente affrontati, offrendo una prospettiva nuova sull’opera di questa straordinaria artista». (© Gazzetta di Parma)