Aldo Nove, “Franco Battiato”
Aldo Nove, “Franco Battiato”, Sperling & Kupfer 2020, pp. 246.
Concepita su sollecitazione della casa editrice Mondadori, questa sorta di biografia personale dedicata alla figura di Franco Battiato ha visto la sua gestazione nel periodo di reclusione forzata indotta dalla prima ondata della pandemia e ci racconta molto anche del suo autore, Aldo Nove. Tra gli scrittori più noti del panorama italiano, Nove deve la sua carriera a un percorso che miscela prosa e poesia e che va dal periodo legato a “Woobinda e altre storie senza lieto fine” (prima Castelvecchi e poi, ampliato in “Superwoobinda”, Einaudi) e “Gioventù cannibale”, l’antologia di racconti pubblicata nel 1996 da Einaudi, fino al recente “Poemetti della sera” (Einaudi, 2020).
Oltre alla letteratura – o meglio, oltre alla passione per la narrazione – Aldo Nove ha sempre coltivato l’amore per la musica, un sentimento che ha trovato nell’opera e nel profilo di Franco Battiato una sorta di riferimento costante, tratteggiato con cura quasi manierista nelle duecentocinquanta pagine scarse di questo libro uscito a fine ottobre. In sostanza si tratta del racconto appassionato dell’opera e della vita del musicista siciliano da parte di un fan, dove fin dall’apertura del libro si dichiara che: «Franco Battiato è uno dei più grandi compositori d’Italia. La sua figura merita di svettare insieme a immortali del passato come Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Antonio Vivaldi». Non si tratta di un’iperbole ma di una citazione estrapolata dalla quarta di copertina del volume “Franco Battiato. Tutti i dischi e tutte le canzoni, dal 1965 al 2019” di Fabio Zuffanti (Arcana, 2020), messa lì, all’inizio di questo testo dall’autore quasi con l’atteggiamento sornione di chi mette le mani avanti.
Una scelta, quella di Aldo Nove, che si rivela azzeccata perché pone da subito il lettore nella giusta prospettiva per attraversare un racconto che, superato il primo e un poco legnoso capitolo “La facoltà dello stupore”, trova una sua coinvolgente scorrevolezza a partire dal secondo capitolo, dove emergono da subito le note biografiche dell’autore nel ricordo del suo primo incontro con la musica di Battiato, quando aveva circa sette anni a Viggiù, l’ormai iconico paese di origine di Nove in provincia di Varese. Da quel momento in poi la musica dell’artista ha accompagnato la vita dello scrittore, i cui snodi più autobiografici sono disseminati l’ungo l’indice di questo libro nei vari “Intermezzi”, oasi che si innestato tra una tappa e l’altra della narrazione dedicata al musicista.
Un percorso che trova uno de momenti più interessati nei passaggi dedicati agli anni che hanno visto la creazione di album quali “Fetus” e “Pollution” (entrambi del 1972), “Sulle corde di Aries” (1973) e “Clic”(1974). Qui Nove riesce a evocare bene l’atmosfera e il contesto in cui operava Battiato, coadiuvato anche da altre importanti figure dell’epoca: «Uno stravolgimento totale del quotidiano […] si rafforzò nel trio Pino Massara, Gianni Sassi e Franco Battiato. Proprio attraverso i primi due album del giovanotto che giunse dalla Sicilia come timido compositore di canzoni d’amore e poi come simbolo di una rivoluzione del disco “commerciale” che lasciò tutti quantomeno stupiti. Qualcosa a metà tra le avventure cosmiche del giovane Bowie e le innovazioni psichedeliche dei Pink Floyd. A unire Battiato con questi ultimi, l’uso del sintetizzatore VCS3».
Una descrizione, questa, che chiude il capitolo titolato “Quella strana coppia”, ma che racconta molto dello stile di una storia che, nel suo complesso, restituisce l’interessante passione personale di uno scrittore per un musicista, nei confronti del quale, comunque, l’autore non risparmia qualche riserva (si vedano i giudizi sugli album “Café de la Paix” o “Gommalacca”). (© Gazzetta di Parma)