Come pesci (o gatti) nella rete
Jaron Lanier, Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, il Saggiatore 2018, 160 pp.
Jaron Lanier (musicista, scrittore e pioniere dell’informatica e nella ricerca sulla Realtà Virtuale, inserito nel 2010 da Time tra i cento pensatori più influenti del nostro tempo) ha pubblicato questo volumetto agile agile – uscito in Italia per la casa editrice Il Saggiatore – introdotto da un titolo che suona provocatorio ma che, una volta letto il testo, assume tutt’altro significato.
Lanier inizia con i gatti: «Internet è pieno di gatti. Sono nei meme più memosi e nei video più carini. […] I gatti hanno fatto ciò che apparentemente era impossibile: si sono integrati nella società tecnologica contemporanea senza svendersi. […] Nessuno ha preso il controllo del tuo gatto, né tu né nessun altro.» Il gatto, quindi, come simbolo di autonomia e impermeabilità ai condizionamenti di un sistema di algoritmi potentissimi che influiscono sulle nostre decisioni, instillandoci «il sospetto di stare facendo la fine di un cagnolino ammaestrato. Questo libro spiega come diventare gatti.»
Passiamo quindi in rassegna queste “dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”, e scopriamo quali sono secondo Lanier gli elementi critici di un mondo – quello dei social media e di Internet in generale – in constante e (apparentemente) incontrollata espansione. Un mondo con grandi potenzialità ma contemporaneamente fonte di concreti pericoli, soprattutto per chi è inconsapevole delle multiformi implicazioni che si nascondono in piattaforme ormai onnipresenti, amichevoli e, appunto, “sociali”.
1) Prima ragione: stai perdendo la libertà di scelta
«Nei primi tempi, la pubblicità online era solo pubblicità. Ma nel giro di poco i progressi dell’informatica sono andati a coincidere con incentivi finanziari totalmente perversi […]. Nessuno paga le social media company per portare la pace nel mondo e trasformarci in creature gentili. I social media sono di parte, ma non perché siano di destra o di sinistra. Tendono verso il basso. La relativa facilità con cui le emozioni negative possono essere usate per creare dipendenza e manipolare produce risultati aberranti. […] Il fatto che la pubblicità si sia senza alcuna pianificazione tramutata in modificazione comportamentale diretta ha generato un’enorme amplificazione della negatività nei rapporti umani.»
2) Seconda ragione: abbandonare i social media è il modo più mirato per resistere alla follia dei nostri tempi.
«La FREGATURA – acronimo per “Fornire ai Re dell’Economia Globale Annunci che Trasformano gli Utenti Ridotti in Algoritmi [l’acronimo originale è BUMMER: Behaviors of Users Modified & Made in a Empire for Rent, ndr] – è una macchina, una macchina statistica che vive nei cloud informatici. Si parla di fenomeni statistici, di fenomeni imprecisi, ma non per questo meno reali. Il massimo che possano fare gli algoritmi […] è calcolare la possibilità che una certa persona agisca in un determinato modo. Ma quella che per una singola persona magari è solo una possibilità, inserita nella media di moltitudini di persone si avvicina a una certezza. Una popolazione può essere influenzata con maggiore prevedibilità rispetto a una singola persona.»
3) Terza ragione: i social media ti stanno facendo diventare uno stronzo.
«Non è utile pensare che il mondo sia diviso in stronzi e non stronzi o, se preferisci, troll e vittime. Ognuno di noi hai un troll interiore. […] Siamo come lupi. Possiamo essere solitari o membri di un branco. Quando agisce come un lupo solitario, ogni persona ricopre una posizione tutta sua nella società e pensa in un modo tutto suo. Un altro esempio: le elezioni democratiche rappresentano una genuina commistione di idee e storicamente hanno avuto il merito di aver aiutato la società a fare passi avanti, nonostante le polemiche, ma questo accade solo fino a quando l’interruttore resta su Solitario. La democrazia fallisce se l’interruttore è su Branco. Il voto tribale, il culto della personalità e l’autoritarismo sono il prodotto politico della modalità Branco. Sulle prime potrebbe sembrarti una contraddizione, ma non lo è; i processi collettivi funzionano nel modo più sensato quando i partecipanti agiscono come individui.»
4) Quarta ragione: i social media stanno minando la verità.
«Qualunque cosa tu possa fare, i robot possono farla milioni di volte in un battito di ciglia. Le persone false sono un attacco denial of service culturale. In un attacco denial of service, gli hacker usano un esercito di bot per bombardare un sito e intasarne il traffico, in modo che nessun utente reale possa accedervi. […] Allo stesso modo, eserciti di falsi profili su una piattaforma […] assorbono molto ossigeno nella stanza e manovrano il mondo per conto dei loro padroni. […] Ora c’è un’industria che vende esseri umani contraffatti. Secondo quanto riportato dal New York Times, all’inizio del 2018 la tariffa corrente per gli utenti falsi su Twitter era di 225 dollari per i primi 25.000 falsi follower. […] Tutte le tech company combattono contro gli account falsi, ma ne beneficiano anche. […] In una testimonianza davanti al Senato degli Stati Uniti, i legali delle social media company hanno dichiarato di non essere in grado di identificare gli utenti falsi. Non hanno i mezzi per farlo.»
5) Quinta ragione: i social media tolgono significato a quello che dici.
«Tutti, compresi i giornalisti, sono costretti a stare al gioco dell’ottimizzazione, nella speranza di ottenere il massimo risultato […]. Una fonte di notizie aggiusterà continuamente il tiro finché non otterrà risultati migliori. Dopodiché non farà altro che ripetersi. Ecco perché i contenuti clickbait si somigliano tutti. […] Anche quando i lettori sono reali, e non falsi, gli algoritmi li indirizzano verso contenuti particolari, quindi le loro scelte non sono davvero indipendenti. Le misurazioni non sono valide per definizione. Non puoi dire a qualcuno dove andare e poi sostenere di aver scoperto qualcosa di nuovo perché hai saputo dov’è andata quella persona.»
6) Sesta ragione: i social media stanno distruggendo la tua capacità di provare empatia.
«La velocità, l’idiozia e le proporzioni delle false percezioni sociali sono state tanto amplificate che la gente ormai pare vivere in un altro mondo, non in quello reale. […] La dimensione dello spazio pubblico si è perduta, ma anche la comunanza di idee e opinioni si è diluita. […] I contenuti sono scelti appositamente per te, e gli annunci sono personalizzati, ma non sai fino a che punto il tuo feed è alterato o perché. […] Non solo la tua visione del mondo è distorta, ma hai una minore consapevolezza della visione del mondo degli altri. Sei bandito dall’esperienza degli altri gruppi, che vengono manipolati separatamente. Le esperienze degli altri sono misteriose e opache per te tanto quanto gli algoritmi che guidano le tue, di esperienze. […] se non vedi i dark post, i rumori di fondo, i meme spietati e il feed personalizzato con milioni di cavolate che guarda qualcun altro, quella persona ti sembrerà pazza.»
7) Settima ragione: i social media ti rendono infelice.
«Secondo le ricerche, le forme di infelicità seguono dei trend, quindi posso immaginare quale sia la tua situazione ora. È possibile che tu faccia meno sesso in proporzione alla quantità di tempo che passi sulle app per andare in cerca di sesso. […] È possibile che tu trascorra meno tempo con la tua famiglia in proporzione alla presentazione edulcorata che fai della tua vita famigliare sui social. […] All’improvviso tu e altre persone finite a gareggiare per delle stupidaggini, senza che nessuno di voi l’abbia chiesto. Perché non hai così tante foto fighe come il tuo amico? Perché non hai così tanti follower? La costanza con cui viene dosata e dispensata l’ansia sociale fa sì che la gente ne venga risucchiata.»
8) Ottava ragione: i social media non vogliono che tu abbia una dignità economica.
«Negli anni precedenti la nascita di Google, la prima grande FREGATURA-company, gli informatici hippie erano feroci sostenitori dell’idea di rendere libere e gratuite le informazioni e la tecnologia, ma non era il loro unico ideale. Gli informatici adoravano gli eroi dell’imprenditoria come Steve Jobs. […] Ecco la contraddizione. Tutto doveva essere libero, ma anche legato agli eroi-imprenditori, che dovevano arricchirsi. Come si potevano riconciliare queste due direttive? […] Alla fine, si è individuato un solo metodo di riconciliazione: il modello di business basato sulla pubblicità […]. Ma man mano che Internet, i dispositivi e gli algoritmi si facevano più avanzati, la pubblicità si trasformava inevitabilmente in uno strumento di modificazione comportamentale di massa. […] un sistema di questo tipo potrebbe in parte ovviare al problema dei posti di lavoro che andranno persi a causa dell’IA [Intelligenza Artificiale] e dell’automazione. […] Non è per niente giusto dire alle persone che non hanno più alcun valore per la società, quando i grandi colossi esistono solo grazie ai dati che queste stesse persone forniscono. […] Ciò che chiamiamo IA non dovrebbe mai essere inteso come un’alternativa agli esseri umani, ma piuttosto come un nuovo canale di valore tra persone reali alle quali è stata data una definizione sbagliata.»
9) Nona ragione: i social media stanno rendendo la politica impossibile.
«Un tempo la storia si dipanava lungo un arco morale, come diceva Martin Luter King. Nel corso degli anni la giustizia si allargava sempre di più […] e la diffusione della democrazia in un numero sempre maggiore di paesi. […] Negli ultimi anni, Turchia, Austria, Stati Uniti, India e altre democrazie hanno eletto capi di governo di stampo dittatoriale che basano il loro potere su dinamiche tribali. […] Non stiamo assistendo a orrori senza precedenti – i precedenti ci sono eccome – ma quel prezioso arco migliorativo ha invertito la rotta. Di colpo, stiamo tornando terribilmente indietro. […] Non sapremo mai quali algoritmi sono stati testati in funzione della soppressione o attivazione degli elettori durante una determinata chiamata alle urne, né quali conclusioni sono state tratte. […] Sappiamo solo che un’impresa basata sulle statistiche si è continuamente adattata per ottimizzare la sua performance.»
10) Decima ragione: i social media (ti) odiano (nel profondo del) l’anima.
«Di solito è Google a distinguersi per le dichiarazioni più raccapriccianti, ma Facebook l’ha superato: una recente revisione della sua dichiarazione d’intenti include direttive quali assicurare che “ogni singola persona abbia uno scopo e senta di appartenere a una comunità”. Una tech company, da sola, farà in modo che ogni persona sulla Terra abbia uno scopo, perché parte dal presupposto che prima non l’avesse. Dimmi se non è una nuova religione. Google ha finanziato un progetto il cui obiettivo è “risolvere il problema della morte”. Questa è una tipica pretesa religiosa! […] Non ho idea di quante persone credano che Google stia per diventare il signore della vita eterna, ma la retorica sicuramente contribuisce a dare una parvenza di normalità e correttezza all’idea che una FREGATURA-company acquisisca tutta questa conoscenza e tutto questo potere sulla vita di miriadi di persone.»
Infine…
In questa sintesi sono stati riportati i frammenti che si sono ritenuti tra i più significativi del testo di Lanier, ma rimane in ogni caso un riassunto frutto di una selezione personale. Chi volesse farsi un’idea più completa non ha che da leggere il libro. Per il resto, nonostante le argomentazione appaiano per diversi aspetti decisamente interessanti, alla fine si comprende che forse non è così urgente cancellare i propri profili social. Piuttosto – e al di là della sempre più palese fragilità del web – grazie alle considerazioni e alle informazioni proposte dell’autore, possiamo utilizzare in maniera più consapevole questi strumenti che appartengono ormai alla nostra quotidianità. Insomma, cerchiamo di guardare i social media non con gli occhi ottusi dei pesci rossi in una bolla d’acqua, ma con lo sguardo sornione del gatto che osserva l’acquario dal di fuori (e che magari, di tanto in tanto, allunga la zampa…). (© Alessandro Rigolli)