L’insostenibile leggerezza della comunicazione
Spesso parlare di comunicazione è come parlare della nazionale di calcio: siamo tutti allenatori con uno schema di gioco vincente in testa. Altre volte l’atteggiamento è quello degli anziani che guardano i cantieri, spesso prodighi di consigli rivolti agli operai al lavoro. Naturalmente l’esistenza di pagine Facebook dedicate a questi due argomenti dimostrano – con tutta l’ironia del caso – come si possa davvero parlare di tutto, ma la sostanza è questa: se è vero che possiamo esprimere un’opinione su tutto, è altrettanto vero che non basta aver letto un paio di pubblicazioni o articoli sul tema per comunicare in maniera consapevole e professionale.Il fatto è che tutti ci sentiamo “comunicatori”: scriviamo sui blog e nei forum, alimentiamo i nostri profili “social”, argomentiamo sulla validità o meno di questa o quella campagna pubblicitaria, convinti che quello che piace a noi – o che piace ad un ideale gruppo al quale apparteniamo e nel quale ci riconosciamo – rappresenti la formula comunicativa più legittima ed efficace.In realtà si tratta di espressioni di gusti personali – e come tali pienamente legittime – che poco hanno a che fare con un approccio professionale alla comunicazione. Un cortocircuito che viene generato da due malintesi di fondo:
1) esprimere un’opinione – così come argomentare le proprie idee – non può significare imporla come l’unica possibile negando il diritto all’esistenza di quelle degli altri;
2) partendo dal presupposto – ormai inflazionato in verità – che “non si può non comunicare”, non possiamo però pensare di essere tutti ugualmente in grado di gestire e valutare in maniera consapevole i possibili effetti – diretti e indiretti – della nostra comunicazione.
In altre parole: il mondo della comunicazione ha regole proprie che non possiamo né ignorare né contestare solo perché non le condividiamo.La comunicazione, in sostanza, rappresenta una materia naturalmente complessa, che mette spesso in difficoltà anche i professionisti più affermati. E’ il caso, per esempio, dell’ultima campagna elettorale di Mario Monti, alla quale ha contribuito anche l’americano David Axelrod (guru di Barack Obama), a conti fatti non proprio efficacissima. Anche la recente campagna marketing di Enel, curata dalla blasonata agenzia Saatchi & Saatchi, ha trasformato i suoi “guerrieri” in una valanga di buzz negativi su Twitter. Infine è solo di qualche giorno fa il boomerang che Guido Barilla ha lanciato attraverso la trasmissione “La zanzara” di Radio24, emittente di Confindustria, innescando una reazione a catena di proteste e conseguenti fraintendimenti e strumentalizzazioni.Quest’ultimo caso è tanto più emblematico perché fa emergere in maniera plastica gli effetti negativi dei due malintesi sopra evidenziati:- da un lato la leggerezza di un professionista che dovrebbe ben conoscere le regole della comunicazione, ma che in radio ha espresso un’opinione personale, certo, ma poco attenta alle diverse sensibilità, sottovalutando i possibili effetti che potevano scaturire dall’associazione di quelle frasi ad un cognome – il suo – che rappresenta un marchio dal quale dipendono migliaia di collaboratori in tutto il mondo;- dall’altro il meccanismo denigratorio e populista innescato da chi non condivide le opinioni espresse da Barilla e pretende di avere il diritto di promuovere un movimento di massa per boicottare i prodotti di un’azienda – danneggiando così sempre le migliaia di dipendenti – in nome delle proprie idee differenti. Una violenza comunicativa che poco ha a che fare con le regole di mercato: i prodotti non sono cambiati ma l’immagine di marca ha subito una forzatura interpretativa legata alle opinioni di una persona. Persona che, compresa la situazione, ha presentato le sue scuse, a loro volta soggette a discutibili strumentalizzazioni da parte di personaggi politici che si ergono a paladini di questa o quell’altra verità, dimenticandosi delle responsabilità pubbliche insite nei loro ruoli.Approcciare quindi con troppa leggerezza il mondo della comunicazione può avere a volte risvolti estremamente pesanti. (© Alessandro Rigolli)