Oportet 475
ZE IN THE CLOUDS, «Oportet 475», Tŭk Music 2023, 1 CD
È uno zibaldone di suoni, stili, frammenti e schegge timbrico-ritmiche questo recente lavoro di ZE IN THE CLOUDS (vale a dire il giovane pianista e produttore Giuseppe Vitale) pubblicato dall’etichetta fondata da Paolo Fresu. E proprio la tromba del musicista sardo, affiancata da Uri Caine al Fender Rhodes, è protagonista di “Fame Usque Mortem”, uno dei brani più emblematici – tra scarti ritmici effetti elettronici e intarsi strumentali – di questa raccolta.
Un immaginario estremamente eclettico, dinamico e variegato quello di Vitale, che mescola soluzioni strumentali e stilemi compositivi anche molto distanti tra loro, tra profumi rinascimentali e scarti improvvisativi jazz, tra incalzanti pattern di batteria elettronica e affilati interventi rumoristici, tra rincorse contrappuntistiche dal sapore bachiamo e garbate aperture liriche dal gusto un poco Biedermeier. Un percorso che passa per riferimenti diretti a compositori come il Beethoven del Quartetto per archi n. 16 in fa maggiore op. 135, del quale lo stesso ZE IN THE CLOUDS cita nelle note di copertina l’epigrafe posta all’inizio del quarto movimento Grave: “Muss es sein? Es muss sein! (Deve essere? Deve essere!)”.
Al di là di questi rimandi, tra le oasi del disco che restituiscono sprazzi tra i più originali troviamo i brani che coinvolgono anche LNDFK (Linda Feki, producer e songwriter) come “Buffering Proem” o “Reset defined” – posti rispettivamente in apertura e chiusura dell’album – interessanti nell’eclettismo della loro materia sonora.
Nel complesso Vitale ci propone tredici composizioni senz’altro differenti per conformazione e atmosfera ma, in fondo, anche uniformi, dove il filo conduttore che lega le diverse tracce si può individuare in una sorta di “coerenza dell’incoerenza”. Coadiuvato – oltre che dai già ciati Fresu e Caine – da musicisti come Edoardo Battaglia e Gianluca Pellerito alla batteria e Francesco Fabiani alla chitarra, l’autore miscela come in una sorta di ideale frullatore musicale intuizioni coinvolgenti e cliché noise, rumorismi lo-fi e virtuosismi edonistici, sprazzi originali e velleità estemporanee.
Un disco che, lungi dall’essere pensato per piacere a tutti, restituisce la robusta vitalità di una materia musicale che prende forma in un patchwork a tratti decisamente trascinante e sicuramente molto personale. (© Gazzetta di Parma)