A Portrait of Radiohead
Donati – Coppari Ensemble, «A Portrait of Radiohead», Dodicilune 2020, 1 CD
Il duo di chitarristi composto da Diego Donati e Stefano Coppari ci offre in questo lavoro discografico a una rilettura di alcuni brani del gruppo rock Radiohead trasfigurandone i caratteri originari in otto composizioni che si rivelano altrettanti omaggi segnati da una raffinata e misurata peculiarità.
L’immaginario musicale scaturito dal repertorio espresso dal gruppo inglese capitanato da Thom Yorke trova in questa rivisitazione una declinazione compositiva capace di restituire un percorso di ascolto che unisce chiare reminiscenze dei brani originali a declinazioni plasmate da una personale identità espressiva.
Frutto di una comune passione condivisa dai due chitarristi titolari di questo lavoro, il disco contempla riletture di brani variamente iconici della band del Regno Unito quali, in ordine sparso, “Paranoid Android”, “No surprises” e “Karma” Police (dall’album “OK Computer”, 1997), “How to Disappear Completely” (da “KidA”, 2000), “Pyramid Song”, “Knives Out” (tratti da “Amnesiac”, 2001), “We Suck Young Blood” e “A Wolf At The Door” (“Hail to the Thief”, 2003).
Un tracciato che qui abbiamo riscostruito in senso cronologico ma che il percorso di ascolto disegnato in questo lavoro ci propone invece in una sequenza differente, non tanto tratteggiata attraverso elementi più o meno narrativi, piuttosto quale libero sviluppo di suggestioni che trovano in una curata alchimia strumentale il dato più significativo ed efficace.
Un carattere al quale hanno contribuito in maniera pregnante musicisti quali Lorenzo Scipioni al contrabbasso e Roberto Desiderio alla batteria, oltre al quartetto d’archi formato da Riccardo Bottegal e Lucia Guerrieri ai violini, Malgorzata Maria Bartman alla viola e Francesco Alessandro De Felice al violoncello; una variegata compagine strumentale completata dalla voce di Anna Laura Alvear Calderon.
Capaci di smarcarsi da un’idea di omaggio meramente celebrativo, gli otto brani qui raccolti sviluppano la materia musicale rappresentata dalle composizioni originali attraverso una scomposizione e ricomposizione che pare disegnata sulla base di una chiara idea di forma sonora, nutrita essenzialmente su un gusto timbrico che diviene cifra distintiva dell’intero lavoro.
L’equilibrio dei dialoghi di “A Wolf At The Door”, o ancora le affilate ma controllatissime distorsioni timbriche in “Paranoid Android”, sono solo un paio di esempi della fresca fantasia che i musicisti qui impegnati hanno messo in questo lavoro che merita più di un ascolto. (© Gazzetta di Parma)