Contrastato ritorno di Anna Bolena a Parma
Dopo quarant’anni l’opera di Donizetti ritorna a Parma inaugurando la stagione lirica
Come ricordava Mila sulle pagine de “L’Espresso” nella sua recensione dell’Anna Bolena data alla Scala nel ’57 (non riporto qui cast e regia perché non è mia intenzione fare confronti surreali) il direttore Gavazzeni annotava che quest’opera «richiede al cinquanta per cento il contributo rappresentativo» a completamento – rendo esplicito per sintesi – del versante più specificamente musicale. Da questo punto di vista, l’impressione generale dell’allestimento che ha riportato venerdì l’opera di Donizetti sul palcoscenico del Regio di Parma dopo quarant’anni di latitanza, mi ha appunto richiamato alla memoria le parole di Gavazzeni. Questo per un senso di irrisolto che ha segnato questa nuova produzione, meritoria peraltro per l’intento di riportare un titolo così fascinoso a risuonare in questo teatro. Una proposta segnata innanzitutto dalla direzione musicale di Carminati, impegnata a compattare buca, coro e palco attraverso una lettura che non ha restituito le finezze custodite tra le pagine della partitura, e le figure vocali protagoniste, tra le quali la Auyanet nel ruolo del titolo, che ha raccolto un bel successo personale, cresciuta in sicurezza ed espressività fino all’intensa dimensione del delirio (“Al dolce guidami castel natio…”), il solido e uniforme Enrico VIII di Spotti, la misurata Seymour della Ganassi. Dal lato della rappresentazione teatrale…continua a leggere… (© Il giornale della musica)